RAPPORTO 2018 DEL CENTRO ASTALLI: MIGRANTI, MIGLIORARE L’ACCOGLIENZA

idi itaPresentato a Roma il Rapporto 2018 del Centro Astalli. Nel Vecchio Continente diminuiscono gli arrivi, ma occorrono politiche più lungimiranti e interventi risolutivi sul lungo termine, per dare una nuova casa a chi fugge da guerre e violenze.

Presentato a Roma il Rapporto 2018 del Centro Astalli. Nel Vecchio Continente diminuiscono gli arrivi, ma occorrono politiche più lungimiranti e interventi risolutivi sul lungo termine, per dare una nuova casa a chi fugge da guerre e violenze.

di Rocco Bellantono

Moussa ha 27 anni, viene dal Mali e prima di sbarcare in Italia è sopravvissuto a un colpo di stato, alla prigione, a violenze e torture, ai trafficanti di esseri umani e alla traversata del Mediterraneo. Oggi è un rifugiato nel nostro paese ed è qui che spera di fermarsi e costruirsi una nuova vita. Di storie come quelle di questo giovane maliano è disseminato il Rapporto annuale 2018 del Centro Astalli, il servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia, presentato il 9 aprile al Teatro Argentina di Roma. Alla conferenza hanno partecipato padre Fabio Baggio, sottosegretario di Papa Francesco per la Sezione Migranti e Rifugiati della Santa Sede, Monica Maggioni, presidente Rai, Marco Damilano, Direttore de L’Espresso, padre Camillo Ripamonti sj, presidente del Centro Astalli, e Felipe Camargo, Rappresentante dell’Ufficio Regionale per il Sud Europa dell’UNHCR.

Cosa fa il Centro Astalli

Obiettivo del Rapporto 2018 è valutare le condizioni delle migliaia di richiedenti asilo e rifugiati che si trovano attualmente nel nostro paese. Lo fa mappando le principali nazionalità di queste persone, monitorandone i percorsi che conducono faticosamente per ottenere il riconoscimento della protezione e per accedere all’accoglienza o programmi di integrazione.

Il focus dell’indagine è proiettato sul lavoro quotidiano svolto dagli operatori professionali e dalle centinaia di volontari del Centro Astalli che operano a Roma e nelle sedi territoriali di Catania, Palermo, Grumo Nevano (Napoli), Vicenza, Padova, Trento e Milano. Nel 2017 il Centro è venuto incontro alle richieste di aiuto di circa 30 mila persone, 14 mila delle quali a Roma. Le persone ospitate nelle strutture di accoglienza sono state 900 e 13 i progetti avviati con una particolare attenzione rivolta ai soggetti più vulnerabili, dunque donne sole vittime di tortura e violenze, persone con problemi di salute e problemi psichici o che si trovano a vivere per strada. Importanti anche le iniziative nelle scuole dove sono stati raggiunti 28.335 studenti per “combattere” insieme a loro, già tra i banchi delle classi, il crescente clima di intolleranza che si respira nel paese. Un lavoro enorme, reso possibile grazie all’impegno dei 687 volontari, dei 20 giovani del servizio civile, di oltre 100 operatori professionali, nonché di chi tra enti pubblici e privati investe su un modo di fare accoglienza orientato da sempre ad andare oltre gli steccati dell’emergenza, per costruire insieme ai migranti concreti percorsi di integrazione, convivenza e inclusione sociale.

I numeri del rapporto

Tra i meriti del Rapporto 2018 del Centro Astalli c’è quello di mettere ordine tra i numeri – spesso oggetto di strumentalizzazioni – che hanno riguardato il fenomeno migratorio nel 2017. Lo scorso anno nel mondo sono stati oltre 65 milioni i richiedenti asilo e i rifugiati. Rispetto al 2016 il trend è rallentato. Gli arrivi in Europa sono stati 171 mila, meno della metà dei 362.753 registrati nel 2016.

Secondo padre Camillo Ripamonti sj, questa tendenza non è però sinonimo di uno sviluppo delle politiche attuate per gestire i flussi migratori. Lo dimostrano gli accordi stretti dall’UE con Turchia prima e Libia poi, capaci sulla carta di far diminuire gli arrivi di migranti nel Vecchio Continente ma non di migliorare le condizioni di centinaia di migliaia di persone in fuga da guerre e violenze o in cerca di una vita più decorosa. «Proprio durante la presentazione del Rapporto annuale del 2017 – ha affermato padre Ripamonti – esprimevamo la nostra profonda contrarietà all’accordo con la Turchia che impedisce, di fatto, l’accesso in Europa soprattutto ai siriani in fuga da una guerra che dura ormai da 7 anni e manifestavamo la nostra preoccupazione per accordi simili che avrebbero potuto interessare altri paesi. La nostra preoccupazione si è puntualmente realizzata. L’accordo con la Libia è stato stipulato a luglio 2017. Esso ha ridotto notevolmente il numero degli arrivi in Europa, attraverso la rotta del Mediterraneo centrale, ma il prezzo che viene pagato in termini di violenza sulle persone è inimmaginabile. Quello che viene salutato come un successo, è per noi una grande sconfitta dell’Italia e dell’Europa intera, confermata nei giorni scorsi dalla notizia che la Corte penale dell’Aja sta indagando per crimini internazionali perpetrati contro i migranti in Libia”.

La situazione in Italia

Le incertezze dell’Europa si riflettono inevitabilmente anche sull’Italia. Anche nel nostro paese si è registrato nel 2017 un considerevole calo degli arrivi di migranti (- 30%, 119.369 rispetto ai 181.436 dell’anno precedente) ma, spiega il rapporto, l’obiettivo di un sistema di accoglienza unico e con standard uniformi è ancora lontano dal potersi dire raggiunto. Bastano un paio di cifre per capire a che punto è su questo fronte l’Italia. Per gestire gli arrivi i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) restano la soluzione prevalente, mentre la rete SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), sia pure in crescita, a luglio 2017 copriva poco meno del 15% dei circa 205 mila posti disponibili. A ciò si aggiunge la moltiplicazione dei casi di revoca dell’accoglienza, il che spinge verso la strada e situazioni di marginalità decine di migliaia di persone. Tra il 2016 e il 2017 il rapporto stima che circa 80 mila individui hanno perso il diritto di essere ospitati nei centri di accoglienza. Far sì che queste persone non restino indietro, e che dalla prima accoglienza vengano accompagnate a raggiungere una piena autonomia, è uno dei principali obiettivi che non solo il Centro Astalli, ma tutto il paese, deve porsi.

I migranti provenienti dall’Africa

Nelle 126 pagine del Rapporto c’è traccia più volte dell’Africa. Sono tanti gli africani che anche nel 2017 hanno potuto contare sull’aiuto offerto dai presidi del Centro Astalli in tutta Italia, e ciò è avvenuto soprattutto a Roma, dove si incrociano le storie e le sofferenze di molte di queste persone. Nei locali della Fondazione Il Faro di Roma nel 2017 sono state ospitate 43 persone, il 66% delle quali proveniva da paesi dell’area dell’Africa Occidentale. Sempre a Roma, al centro di accoglienza di San Saba, gli ospiti maliani hanno rappresentato il gruppo più numeroso. Al Centro Pedro Arrupe i nuclei famigliari accolti sono arrivati soprattutto da Nigeria, Libia e Costa d’Avorio. Mentre alla mensa della capitale oltre il 60% delle persone a cui sono stati distribuiti pasti caldi – divisi equamente tra richiedenti asilo, titolari di protezione internazionale e protezione umanitaria – erano originari prevalentemente di paesi dell’Africa Occidentale, con in testa il Mali.

In giro per l’Italia c’è spazio però anche per qualche sorriso. Come al Centro Astalli di Palermo, promotore nel 2017 del progetto Generazione intercultura 2.0, finanziato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri. Centotrè migranti tra i 18 e i 30 anni, perlopiù provenienti dall’Africa sub-sahariana, ospiti in vari centri di accoglienza del territorio, hanno preso parte a laboratori di falegnameria, modellazione e decorazione applicata alla ceramica, sartoria e cucina.

Soluzioni possibili< /p>

Secondo padre Baggio, la road map da seguire per far sentire realmente a casa i migranti che arrivano in Europa e in Italia, passa per tre azioni fondamentali: la prima è sul breve termine, vale a dire salvare le vite umane; la seconda è sul medio termine, ossia trasformare le politiche; la terza è sul lungo termine e si concretizzerà nel momento in cui verranno eliminate le cause delle migrazioni forzate. «Ci vorranno decenni per concludere questo percorso, ma dobbiamo iniziare da subito e farlo seriamente», questo il suo appello.

La presentazione del Rapporto 2018 si è conclusa con una riflessione sull’importanza di raccontare nel modo più corretto possibile il fenomeno migratorio. Monica Maggioni ha definito le migrazioni come la “più complessa storia del tempo che ci è dato di vivere”, motivo per cui “non possiamo permetterci deficit di razionalità nel racconto che facciamo di questo fenomeno”. “Sono importanti l’uso che facciamo delle parole ed è importante evitare facili strumentalizzazioni che si fanno da più parti, sulla retorica dell’invasione e sullo scontro degli ultimi contro gli ultimi”.

Si riparte da qui, da una consapevolezza che rispetto a questo fenomeno deve essere propria di ogni cittadino della sponda nord del Mediterraneo, e dall’articolo 10, comma 2, della nostra stessa Costituzione, citato a conclusione dei lavori da Marco Damilano: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.

Fonte: http://www.nigrizia.it/notizia/migranti-migliorare-laccoglienza/notizie 12.04.2018

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